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Photo Journalism Conference: Francesco Cito
Pubblicato il 13/07/16
Categoria Eventi e Rassegne
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"Fotogiornalismo e Reportage nei paesi in guerra"Conferenza del Fotoreporter FRANCESCO CITO InformazioniLingua: Italiano Descrizione: Come costruire un reportage in paesi a rischio? Step operativi e principi etici per raccontare i conflitti e le loro conseguenze umanitarie con il mezzo privilegiato dell’immagine. In questo seminario il fotoreporter Francesco Cito ci aiuterà a capire come si prepara un reportage in un paese in guerra, come ci si muove sul terreno tutelando la propria incolumità e rispettando il più possibile i principi di neutralità dell’informazione. “Ciò che non si comunica non esiste” scriveva Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde Diplomatique, già molti anni fa. E questo vale tanto più per le zone di conflitto, dove le violazioni dei diritti umani sono più drammatiche, dove spesso è molto difficile testimoniare ciò che accade. Dall’invasione sovietica in Afghanistan, al fronte libanese, dai territori Palestinesi alla guerra nel Golfo, fino all'arrivo dei soldati americani in Arabia Saudita dopo l'invasione del Kuwait e molto altro, Francesco Cito, ha seguito e documentato fino ad oggi i conflitti in molte parti del mondo, scrivendo articoli non dalle stanze di alberghi ma vivendo sul terreno e seguendo talvolta per mesi i percorsi dei guerriglieri. Il seminario, attraverso le immagini realizzate da Francesco Cito, tratterà argomenti interessanti quanto drammatici, ma permetterà anche di comprendere le difficili condizioni in cui si è costretti ad operare per realizzare reportage nei territori interessati dai conflitti bellici. Cosa imparerai: La conferenza è a scopo divulgativo ed è aperta a tutti: appassionati di fotografia; coloro che vogliono acquisire nuove competenze in materia di giornalismo; coloro che sono interessati a conoscere o ad approfondire il tema del reportage; professionisti che desiderano confrontare le proprie esperienze personali o professionali. Ferdinando Scianna, fotografo della Magnum Photo, a proposito del lavoro dell’inviato, ha affermato che: «Il problema non è l’informazione mancata, ma quella annegata. Un tempo eravamo violinisti da musica da camera, con un pubblico attento, ora è come se suonassimo il violino in mezzo al traffico: diventa quasi impossibile farsi sentire tanto frastornante è il rumore di fondo». La professione di corrispondente di guerra, a partire dalla seconda guerra del golfo, ha assunto spesso l’etichetta di embedded, ossia di «incastrato» nell’esercito, ad indicare chi, mettendo a serio rischio la propria vita, parte insieme alle truppe con elmetto e giacca mimetica, addestrato per le situazioni d’emergenza. Per il famoso inviato di guerra Robert Fisk l’elemento decisivo non è l’arruolamento fisico, ma quello mentale. In zona di guerra, la vita quotidiana del reporter subisce un condizionamento cui è difficile resistere, in quanto ogni esperienza diretta, ogni momento della giornata, ogni relazione, ruota sempre all’interno della rigida macchina militare. È inevitabile che il corrispondente finisca per diventare lui stesso una parte di quel meccanismo. Commenti
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